E ormai noto che diverse molecole nel cervello che indicano il danno neurale proveniente dalla demenza dell’alzheimer si possono ritrovare anche nel sangue. Per questo motivo diverse ricerche si occupano da diverso tempo di cercare di sviluppare un test che grazie ad un prelievo possa prevedere l’insorgenza della malattia. Dei risultati incoraggianti arrivano da uno studio pubblicato sulla rivista Nature Aging, condotto dall’università svedese di Lund. Il risultato della ricerca è che le concentrazioni nel sangue di una forma di proteina nota come fosforilata-tau-181 e i neurofilamenti possano effettivamente essere indicatori della progressione verso la malattia di Alzheimer.
I risultati della ricerca
Nel mondo circa 50 milioni di persone sono affette da demenza e questo numero è destinato inesorabilmente a salire. Oltre la metà dei casi totali sono causati del morbo di Alzheimer. Tuttavia lo stadio di demenza è preceduto da un lieve deterioramento cognitivo.
Alla luce di questo una diagnosi preventiva può essere importante per migliorare il trattamento di questi Pazienti.
Lo studio si è basato sull’esame del sangue di un campione di 573 Pazienti che già avevano mostrato lievi deficit cognitivi, risultando così a rischio di Alzheimer.
La tecnica si è dimostrata accurata nell’ 89% dei casi, identificando quelle persone che hanno in seguito sviluppato effettivamente l’Alzheimer. Un risultato straordinario se si considera che, nonostante ad oggi non esista una cura per la malattia, se si riuscisse a ritardare l’insorgenza della malattia si potrebbe drasticamente ridurre il numero di morti . La ricerca ha così gettato le basi per un test del sangue che riuscirebbe a predire lo sviluppo della malattia nell’arco di 4 anni. Certo, sarebbe applicabile esclusivamente per la popolazione già a rischio, ma sarebbe una svolta fondamentale.
Gli sviluppi futuri
Questo test potrebbe accelerare lo sviluppo delle sperimentazioni cliniche e di nuove terapie potenzialmente rivoluzionarie. Difatti le terapie odierne non si basano sulla prevenzione, ma anzi vengono somministrate quando la malattia è in uno stadio avanzato .
Purtroppo permangono ancora diverse problematiche. Infatti alcune persone che in base al rilevamento delle proteine nel sangue avrebbero dovuto sviluppare la malattia, non ne hanno poi mostrato i sintomi. Viceversa altri che risultavano avere scarse probabilità dell’insorgenza, si sono poi effettivamente ammalati.Nonostante il sistema non sia dunque infallibile, i presupposti per ulteriori ricerche sono senz’altro incoraggianti. Si continuerà decisamente ad insistere in questa direzione, considerando anche che gli unici sistemi che abbiamo per rilevare le proteine che possono predire la malattia sono costosi oppure invasivi. Non resta che attendere ulteriori sviluppi, che potrebbero arrivare molto presto. Infatti Mattsson-Carlgren, uno dei responsabili della ricerca, ha affermato che si aspetta di vedere uno sviluppo abbastanza rapido dei test predittivi per l’Alzheimer basati su un campione di sangue.