L’emergenza covid ha di fatto limitato l’accesso alle terapie per diversi Pazienti in tutto il paese. In particolar modo la modalità di distribuzione diretta ospedaliera ha presentato diverse criticità, e chi ne ha fatto le spese sono stati soprattutto i malati cronici. Come segnala Infatti l’Osservatorio per le malattie rare, la continuità terapeutica di importanti malattie croniche è stata messa sotto attacco dal virus, al punto che in alcuni casi si sono raggiunte diminuzioni di prescrizione per i Pazienti di nuova diagnosi fino all’85%.
Bisogna partire anzitutto da un assunto fondamentale: i malati cronici in Italia non sono per niente pochi. Oltre 14 milioni di persone convivono con con una di queste patologie è più della metà superano i 65 anni, diventando così doppiamente fragili sia per l’età che per la patologia, e questa quota aumenta con l’età fino a interessare i tre quarti degli ultra 85enni. Ovviamente i malati cronici sono quelli più a rischio di sviluppare forme più gravi di covid-19. Come riporta infatti il Ministero della Salute, le concause più frequenti che contribuiscono al decesso sono le cardiopatie ipertensive (18% dei decessi), il diabete mellito (16%), le cardiopatie ischemiche (13%), i tumori (12%). Con frequenze inferiori al 10% ci sono le malattie croniche delle basse vie respiratorie, le malattie cerebrovascolari, le demenze o la malattia di Alzheimer e l’obesità.
Le complicanze di Covid che portano al decesso sono principalmente la polmonite (79% dei casi) e l’insufficienza respiratoria (55%). Altre complicanze meno frequenti sono lo shock (6%), la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) ed edema polmonare (6%), le complicanze cardiache (3%), la sepsi e le infezioni non specificate (3%).
Ci si sarebbe aspettati che dopo la fine del lockdown ii malati cronici potessero tornare ad essere curati come prima, o quasi. E invece ad oggi è diminuito il ricorso a terapie per le patologie croniche ( oltre che per la prevenzione di eventi cardiovascolari, fratture ossee, o per controllare la progressione dell’artrite reumatoide). I farmaci sono accessibili in alcune Regioni solo nelle farmacie ospedaliere, e la cosiddetta modalità di distribuzione diretta ospedaliera non ha retto l’urto del virus. Ulteriori criticità sono state costituite dalla presenza di piani terapeutici, registri di monitoraggio e schede di dispensazione che hanno innalzato un’ulteriore barriera per i Pazienti.
L’approccio che ha guidato la risoluzione di queste problematiche è stato di tipo emergenziale: si è data priorità alle situazioni che si ritenevano più urgenti e quindi, in particolare, le cure acute e salvavita che non potevano essere differite.
Le persone con patologie croniche devono riprendere il prima possibile i percorsi di cura, a maggior ragione se completamente rinviati durante la fase emergenziale della pandemia. Inoltre, dovrebbero tenere sotto controllo la malattia di base assumendo in modo corretto le terapie e non interrompendole, rispettando le prescrizioni del medico e i farmaci da assumere. Il crescente utilizzo della telemedicina potrà aiutare a monitorare a distanza i parametri clinici dei Pazienti, assistendoli nelle malattie croniche e favorendone la prevenzione. I prossimi mesi ci diranno se i nostro Sistema Sanitario Nazionale saprà far fronte a questa sfida.
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